Il sogno e’ quello di vincere l’oro alle Paralimpiadi di Londra, dopo l’argento ai Giochi di Pechino del 2008. Per questo, Vittorio Podesta’ si sta allenando cinque giorni su sei. “Anche se il giorno piu’ importante, secondo i grandi allenatori – riferisce Vittorio – e’ quello di riposo.
Vittorio ha 39 anni e da dieci ha le gambe paralizzate, dopo un incidente d’auto. Prima, lavorava come ingegnere. Oggi, e’ un campione di handbike.
“La prima volta in cui ho provato l’handbike ho risentito quelle sensazioni, che provavo in bicicletta nella vita precedente: il vento in faccia, l’emozione della liberta’, che la bicicletta mi dava… ecco, quando pensi di aver chiuso con tutto questo e, invece, lo riscopri… e’ qualcosa di meraviglioso”.
Lo sport e’ una scuola di vita, si sa. A volte, diventa un modo per riprendere contatto con la vita stessa.
“Ho fatto l’incidente a marzo, a settembre ero in carrozzina a giocare a basket grazie ad un amico. E dimenticavo di essere una persona un po’ diversa dalla maggioranza”.
Vittorio appare come una persona decisa, che sa quello che vuole, talvolta ruvida. Sembra quasi volerti dire che non ha bisogno di nessuno (affetti a parte). Il suo sguardo tradisce raramente le emozioni. I suoi tratti si ammorbidiscono, e gli occhi si illuminano, solo quando parla della moglie. Quando parla di sport, trasmette fierezza e consapevolezza, in modo composto e diretto.
“Avere un obiettivo sportivo aiuta ad avere cura del proprio corpo. Se mangiar bene e fare sport e’ importante per la vita sana di un bambino, per un disabile lo e’ ancora di piu'”.
Si percepisce, in Vittorio, un percorso personale, che progredisce col tempo.
“Io stesso ero una persona che pensava che i disabili fossero particolarmente sfortunati. Invece, vivendola direttamente, penso che siamo noi che creiamo la nostra fortuna e la nostra sfortuna. E facciamo in modo che la vita sia bella e realizzata. Ci sono momenti, all’inizio, in cui sei ad un bivio: se hai la forza vai avanti, altrimenti ti lasci morire. Ma tra la morte e la vita in carrozzina c’e’ una gran bella differenza. La vita non finisce in quel momento”.
E, infatti, Vittorio incontra l’amore proprio all’inizio della sua ‘seconda’ vita.
“Nell’ospedale, dove stavo facendo la convalescenza, ho conosciuto Barbara. E’ nato l’amore e dopo un anno ci siamo sposati. Adesso lei e’ moglie, prima di tutto, ma e’ anche parte della mia squadra. E’ un elemento fondamentale delle mie vittorie, dei miei successi”.
Oggi la vita si guarda con nuove consapevolezze.
“Tutto quello che arriva, non arriva per caso, ma te lo devi conquistare con la fatica, col sudore. La metafora della salita e’ un po’ la metafora della vita”.
E la prospettiva diversa, non e’ solo esistenziale.
“In handbike non si ha una visuale privilegiata, perche’, essendo cosi’ bassi, il panorama viene in secondo piano. Durante molte salite, sulle Dolomiti, mi dovevo fermare per guardare le montagne tra le fessure del guard rail!”.