Il sospetto è che i Monasteri non siano luoghi fuori dal tempo, ma posti che fanno ritrovare il proprio tempo interiore. Da fuori, il preconcetto è che la vita monastica sia conservatrice e antiquata. Qualcosa che non appartenga alla vita contemporanea. Niente di più lontano dalla realtà.
Inizia con questi pensieri un breve viaggio di lavoro per le strade del silenzio, verso Abbazie e cenobi circondati dall’imponenza della natura e dalla pace dell’isolamento fisico.
I cinici potrebbero sorridere beffardi al pensiero di chi si possa incontrare, a luglio, nei Monasteri. Lo chiamano, con le solite semplificazioni giornalistiche, turismo religioso.
Ma chi è quel pazzo che preferisce il ritiro in un Monastero a due settimane di mare e sole in Sardegna o a Rimini?
Si potrebbe immaginare che ci siano solo aspiranti monaci e monache, persone anziane, al massimo gruppi parrocchiali, che affrontano lunghi viaggi in pullman, un po’ sudati, con i panini al sacco.
I preconcetti sono brutte bestie. E, per me, anche quelle settimane di vacanze nella ressa, appiccicati come sardine, affannati (che nemmeno lo avesse ordinato il medico) a saltare da un locale affollato all’altro, in cerca di popolarità ed esibizione.
Così vado alla scoperta dell’Abbazia di Subiaco, uno tra i borghi più belli d’Italia a nemmeno un’ora da Roma. Incassato nella roccia, a strapiombo sulla valle, spicca il Monastero di San Benedetto del 1200. Ci accolgono trionfanti ben mille anni di storia: due chiese sovrapposte, cappelle affrescate in epoche diverse, grotte dove San Benedetto si ritirò e iniziò la sua avventura spirituale 1500 anni fa. Il trionfo dell’arte: una bellezza che lascia senza fiato e ti colora i pensieri.
E, in effetti, molti vengono qui proprio per l’arte, confida l’Abate, Padre Meacci. Salvo poi accorgersi che l’atmosfera di serenità che si respira e che penetra dentro la pelle arriva in realtà da lontano. Che sia l’energia di un luogo meditativo, quella della preghiera o della natura, davvero non so. Ma questa energia esiste e probabilmente è un insieme di tutto questo.
Parlando con alcuni ospiti del Monastero, i cosiddetti turisti religiosi, mi rendo conto che è proprio così. Non ci sono solo credenti, ma anche atei, stranieri, appassionati di natura e trekking. Ed il Monastero li ospita tutti indistintamente.
Un luogo talmente fuori dal mondo che ti aiuta a rientrare nel mondo, mi dice qualcuno. Si spegne il tasto dello stress e si accende quello del silenzio, spiega una signora… la pace, l’armonia… cose talmente lontane dal nostro vivere quotidiano che un’altra signora si commuove.
Sessanta euro al giorno per dormire e mangiare in foresteria, stanza sobria ma pulita, senza televisore, con vista sulla valle e sul Monastero. Solo a guardarla, viene sonno… penso alle cifre che si spendono nelle beauty farm (mea culpa, per restare in tema religioso) per ottenere lo stesso risultato che si ha nei Monasteri (probabilmente minore, visto che nella spa la mente si rilassa per effetto dei trattamenti sul corpo, qui presumibilmente avviene il contrario).
Non si è obbligati a fare la vita dei monaci, con sveglia alle 5, preghiere, colazione, preghiere, lavoro e così via fino all’ora di andare a dormire (il famoso ora et labora benedettino). Si può venire qui e anche solo passeggiare, andare in bici, usare la foresteria come base di partenza per visitare la zona. All’accoglienza incontro un signore vestito sportivo, è pacato e sorridente. Sta facendo un itinerario turistico ecologico, in mezzo alla natura, ai laghetti, ai boschi… non mi sembra che passi il suo tempo in preghiera formale, eppure ho come la sensazione che questo suo vagare per i boschi sia molto spirituale… Gli chiedo come mai abbia scelto proprio un Monastero in cui soggiornare: per il silenzio, mi risponde. Per uscire dalla volgarità delle cose, dall’autopromozione continua. Ecco, mi sembra una bella risposta su cui meditare un po’.