Adrenalina per 36 anni. Bische, sesso, droga. In mezzo, due matrimoni, un figlio oggi 23enne, la casa paterna venduta. Uno stipendio di 1200 euro, come impiegato, ridotto a 250 mensili per i debiti.
Mario, il nome è di fantasia, è un romano di 52 anni. Da due, ha smesso di giocare. Oggi è un riferimento per i “Giocatori Anonimi“. Lo incontriamo per un servizio. Si presenta con cappellino e occhiali da sole avvolgenti.
“Per me giocare era tutto. Mi sentivo un dio. Davanti ad ogni persona dimostravo di essere vincente. A volte, vincevo anche somme elevate… poi sono inziate le perdite, belle sostanziose. A quel punto, quando esci dalla bisca, ti senti un verme. Non sai cosa fare. Rubi alla tua famiglia, cominci a dire bugie a chi ti sta vicino, escogiti le peggio cose per procurarti i soldi…”.
E, come il gioco, tutto intorno diventa compulsivo. Una sera, Mario percorre in auto la Via Flaminia, avanti e indietro, alla ricerca dell’ennesima bugia da raccontare. Doveva tornare a casa alle 19, con le bollette pagate. Ma i soldi se li è giocati. E, ovviamente, ha perso. Rincasa alle 23, con i jeans strappati e i graffi in faccia per fingere di essere stato aggredito. La sfanga.
Un altro giorno, ruba il bancomat della moglie e racconta una storia ai limiti della fantascienza. Fino a che non tenta due volte il suicidio. E per due volte si salva.
“La risalita è iniziata grazie ad un’amica di mia moglie, che mi ha parlato dei Giocatori Anonimi. Io ho detto che non mi serviva, che smettevo in qualunque momento. Bastava volerlo. Ma non è vero. Mi sentivo onnipotente, mentre solo oggi capisco il valore delle piccole cose. E ringrazio Dio che mi dà la forza di andare avanti. Al centro lo chiamano il Potere Superiore, per me è Dio”.
Mario riesce a non perdere il ruolo di marito e riconquista quello di padre.
“Mio figlio mi parla e l’altro giorno mi ha detto: ‘Papà, ti voglio bene’. Dico a mia moglie che non valgo niente, che faccio schifo. E lei mi dice che invece valgo tanto, altrimenti non sarei riuscito ad uscirne mai. Quanto tempo ho perso… vivevo di false emozioni… non volevo guardare in faccia i problemi, me stesso… vedevo la vita filtrata… non la vedevo”.
Mario ha perso tempo, ma non il lavoro. Forse anche per quella strana capacità, un po’ malandrina, dei bugiardi intelligenti. Addirittura, con una scusa, riusciva a farsi prestare i soldi dal Direttore del suo posto di lavoro. Oltre che, ovviamente, da colleghi e amici. Creava un circuito folle di debiti, che si ingigantiva sempre più.
Mario pensava di fottere il prossimo, mentre era lui ad essere fottuto. Oltre al sostegno della fede, che lui ha voluto identificare in Dio, oltre al fondamentale aiuto dei Giocatori Anonimi, Mario ha un prezioso sostegno: l’amore della moglie.
“Senza di lei non ce l’avrei mai fatta ad andare avanti. E’ la donna della mia vita.”
Il vero azzardo, oggi per Mario, è vivere.