Centro storico di Genova, Parco dell’Acquasola. Nell’Ottocento, qui passavano le carrozze dei nobili. Oggi non c’e’ neppure una pista ciclabile: meta’ del parco e’ sotto sequestro, in attesa della fine di un processo, che decidera’ se verra’ costruito o meno un parcheggio sotterraneo di 500 posti.
Questa storia inizia vent’anni fa. Peggio di una fiction: si succedono condanne penali per corruzione (nel 1995, anche l’allora assessore comunale all’urbanistica), ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato, revoca della concessione, indagine penale con sequestro preventivo del cantiere, indagine per danno erariale presso la Corte dei Conti.
Nel frattempo, 40 platani sono stati abbattuti, mentre due cedri del Libano resistono grazie alle battaglie dei cittadini e delle associazioni ambientaliste.
Nei progetti del parcheggio sotterraneo c’era la ricostituzione, in superficie, del parco, attraverso la cosiddetta zollatura (la piu’ diffusa tra le tecniche di trapianto). Gia’ in un’altra zona non troppo lontano dal parco, la zollatura ha pero’ dimostrato di non essere valida per alberi secolari: alcuni, infatti, sono morti e hanno avuto bisogno di piu’ trapianti.
Il Parco dell’Acquasola e’ anche un patrimonio storico: poggia su mura del ‘500, che hanno gia’ inglobato quelle del ‘300: “E’ il primo parco pubblico d’Italia e il primo d’Europa – rivendicano i genovesi – non ce lo possono levare. E’ un bene comune, un polmone verde ed e’ un dovere morale rispettarlo e preservarlo”.
Sicuramente l’Acquasola e’ un parco amato e protetto. Hanno levato il campo da calcio e la pista ciclabile. Mancano gli interventi di manutenzione per ripiantumare le essenze, l’illuminazione pubblica, il laghetto dove un tempo sguazzavano i cigni, ma i suoi amici non si fermano e combattono per ridargli vita.
Pensate che la chioma di un albero medio, secondo gli esperti, produce ossigeno sufficiente per un uomo per un giorno. Alberi e boschi hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione del dissesto idrogeologico. E, certo, la cementificazione non aiuta: negli ultimi 40 anni ha cancellato 5 milioni di ettari di campagna e riguarda l’80 per cento dei comuni italiani.
Ma quello che piu’ colpisce in questa storia, oltre ai dati (e ai danni) ambientali, e’ l’amore che si puo’ nutrire per un parco: per la sua storia, per le sue possibilita’, per la sua semplice esistenza.