Non distogliere lo sguardo da povertà, sofferenza, emarginazione. Ma provarle sulla propria pelle. Anche se solo per il tempo di un ritiro spirituale.
E’ l’invito di una delle figure più provocatorie del buddhismo contemporaneo, Bernie Glassman. Imprenditore e maestro zen a Los Angeles, Bernie amava trascinare i suoi allievi in situazioni estreme: dal contatto con gli orrori di Auschwitz ai ritiri per strada vivendo come i senzatetto nelle zone più degradate di New York.
Bernie ha fatto suo il concetto – familiare per i giornalisti “di strada” – di consumare le suole delle scarpe nelle realtà più difficili. Così, con i suoi allievi, si è mescolato nel mondo vivendo senza soldi alla ricerca di un panino o di un pasto offerto, provando sulla propria pelle cosa significasse mendicare. Non distogliendo lo sguardo da povertà, malattia, emarginazione. Ma diventando povertà, malattia, emarginazione. Anche se a tempo determinato.
Da questa testimonianza del buddhismo zen, è nato l’Ordine dei costruttori di pace. Non separarsi dalle persone, ma mescolarsi alle persone, è qui un pensiero che si fa azione. Lontano da quella visione di meditanti intellettuali isolati dal mondo, la spiritualità è declinata come unità. Unità nella diversità. E’ il fatto che siamo tutti diversi che ci accomuna, non accettarlo porta ad un’inevitabile sofferenza.
Non è un caso che i tre principi fondamentali di questo Ordine siano quelli del penetrare il non conosciuto liberandosi dai preconcetti, testimoniare la gioia e la sofferenza, guarire se stessi e gli altri. Proprio dal processo di guarigione e consapevolezza emergono alcune figure carismatiche dei costruttori di pace, raccontate nel libro Testimoniare (Ubaldini Editore).
C’è Claude Thomas, reduce del Vietnam, che testimonia in giro per il mondo gli orrori della guerra. C’è Fleet Maull, che nel carcere dove ha scontato una condanna a venticinque anni per droga, ha fondato una rete di assistenza per i detenuti malati terminali. C’è Joan Halifax, che assiste da anni i morenti.
Non dobbiamo necessariamente far parte dell’Ordine zen dei costruttori di pace per trarre ispirazione per la nostra vita quotidiana. Una pratica utile è quella del lasciar andare. Lasciar andare l’attaccamento a ciò che conosciamo: alle nostre idee, a come secondo noi dovrebbe essere il mondo, aprendoci invece a come è e lavorando con qualunque situazione si presenti.
Per i giornalisti impegnati sul campo è fondamentale per poter raccontare in modo obiettivo.
Nella vita quotidiana di ciascuno, invece, non vuol dire far tabula rasa dei nostri valori e della nostra etica, un faro che muove sempre le nostre azioni. Ma meno idee preconcette abbiamo, più non conosciamo, più saremo capaci di accogliere (e testimoniare) le diversità.
Relazionarci in modo sereno e spontaneo è già un primo passo per costruire la pace.
Mi sembra un Ottimo metodo !!
Fammi sapere com’è andata, dopo che lo avrai provato!!