Una casetta di legno in mezzo agli ulivi, solitamente destinata ai lavoratori occasionali che soggiornano in cambio di vitto e alloggio. Siepi di capperi, lavanda, rosmarino. Bougainville rigogliose, pergolati fioriti, una sala di meditazione dai toni caldi, che affaccia davanti alle colline chiantigiane, dove un Buddha troneggia fiero e sereno. Il sorriso contagioso di Mary, che aveva un sogno: aprire un centro benessere. Non una costosa spa con massaggi thailandesi e pietre calde, percorsi dimagranti e tonificanti, piscine di varie gradazioni (bellissimo, per carità). Ma un centro benessere dell’anima. Spirituale. Il benessere che parte da dentro e si irradia anche all’esterno. Quello che a molti fa domandare: “Sembri sempre più giovane, che segreto hai?”. Pratico. Il segreto dello star bene a partire da dentro e del condurre uno stile di vita rispettoso: dall’alimentarsi in modo sano al muovere il corpo con consapevolezza. Il segreto di chi si impegna in un cammino interiore per scelta, non per necessità. Di chi mette luce in ciò che fa e cerca di rendere l’etica ed il bene un faro.
Ad accoglierci all’ingresso, dopo un viaggio divertentissimo e rocambolesco, la statua di Tara, colei che libera, simbolo femminile nel Buddhismo tibetano. Mary è super impegnata ad organizzare l’arrivo degli ospiti, che alloggeranno in tutta la struttura: un meraviglioso casale in pietra con diverse stanze, tre ettari di giardino, ulivi, vasi traboccanti di zucchini ed ortaggi vari. Accanto alla sala di meditazione, il laboratorio di gioielli realizzati con vetro di Murano di Mary. Uno sfavillio di colori e sfumature trasparenti che guardano al paesaggio toscano attraverso un vetro. Davanti, poltrone sacco da cui ammirare alba e tramonto. Accanto, la lunga tavola che ci accoglierà per festanti colazioni e pasti preparati con cura e fantasia da Filippa, la cuoca.
Il primo giorno ancora possiamo parlare, così Marta ed io consumiamo completamente le corde vocali nel raccontarci e conoscerci meglio. Il nostro primo incontro dal vivo dopo la conoscenza durante un percorso di studio in pandemia, seguita da innumerevoli telefonate, messaggi, confronti, scambi, riflessioni. Il potere della tecnologia, la magia di un incontro dal vivo. Daremo libero sfogo a chiacchiere e risate prima del silenzio, condizione necessaria per un ritiro spirituale. Molti chiedono se sia difficile stare in silenzio. No, non lo è. E’ estremamente riposante e ripulisce la mente, favorisce l’ascolto interno e l’osservazione. Si comunica comunque con gli altri su un altro piano. Si condivide un percorso, ci sono gli sguardi carichi di emozioni, i gesti gentili. C’è la cosiddetta comunicazione da cuore a cuore, quella tipica del rapporto tra Maestro spirituale ed allievo. Il difficile è ricominciare a parlare dopo qualche giorno di silenzio e riadattarsi a dialoghi serrati, interruzioni, domande lasciate senza risposta, toni concitati, parole incontrollate.
Iniziamo il ritiro nel pomeriggio. Non ci conosciamo tutti, la formazione del gruppo avviene sempre in modo naturale sotto la guida dell’insegnante. Conduce il ritiro Mario Thanavaro, fondatore del Monastero di Santacittarama e Maestro di meditazione Vipassana, conosciuto anni fa all’Ameco di Roma e poi rivisto durante il Master in Mindfulness: pratica, clinica, neuroscienze. Si rivelerà ben oltre le aspettative, la sua umanità, la sua leggerezza profonda, la sua capacità di empatia e sostegno.
Il programma è serrato: meditazione seduta, meditazione camminata, poi ancora seduta, camminata, insegnamento, pasto, riposo, alternarsi di meditazione seduta, camminata e insegnamenti fino a cena, ancora meditazione seduta dopo cena. Sveglia alle 6, ultima seduta si conclude alle 21.45. Infine, la luna.
Oh Dio, una penitenza, qualcuno pensa. “Ce la farò?”, si chiede qualcun altro. “E la chiamate vacanza?”, gridano i più a pugni serrati in coda al casello per spiagge affollate e chiassose.
Beh, non ci crederete, è meglio. Guardarsi dentro è un lusso che ci possiamo concedere solo quando siamo consapevoli di noi stessi. Stare con quello che c’è, un allenamento fondamentale per gli eventi della vita, sempre imprevedibili. Respira! Sei vivo. Non è solo il titolo di un libro di Thich Nhat Hanh, ma la parafrasi dell’esistenza. Banalmente, senza respiro non potremmo essere al mondo. Ma come respiriamo? Quando respiriamo, siamo attenti al nostro respiro? A cosa pensiamo mentre respiriamo? Cosa immaginiamo, cosa progettiamo, quali ansie inseguiamo mentre compiamo questo semplice, quanto naturale, gesto? Siamo consapevoli del nostro respiro?
Un ritiro di meditazione è tutto qui, si fa per dire. Si medita seduti e poi camminando, in modo molto lento e consapevole dei passi. Si osservano i propri pensieri, sensazioni, emozioni. Li si notano, li si vedono comparire e andare via. Si sta con quello che c’è, senza opporre resistenza, senza respingere, senza controllare, senza fuggire.
Semplice? No.
Possibile? Si.
Lo diceva anche San Francesco D’Assisi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
Come nel Tai Chi Chuan, arte marziale cinese, nonché forma di meditazione in movimento, le transizioni hanno una loro specifica importanza e vanno eseguite correttamente e con grande attenzione, così nella meditazione seduta e camminata osserviamo ogni fase della respirazione e dei passi, prestando loro la massima attenzione. Non è così anche nella vita? Non ci sono forse momenti di passaggio che vanno rispettati per ciò che sono? Che magari comportano fastidio, noia, dolore, dispiacere? Li accettiamo come parte del percorso? Come ci poniamo davanti a ciò che non ci piace?
Coltiva la luce e l’intenzione di ciò che vuoi veramente, suggerisce il Maestro, durante una lunga passeggiata in un sentiero battuto dai cervi.
Pazienta. Non avere fretta. Le cose accadono. Metti luce in ciò che fai, osserva la natura meravigliosa della luce, che è in ogni cosa.
Così, abbiamo meditato con i dolori muscolari dello stare a lungo seduti, abbiamo camminato con le farfalle che ci volteggiavano intorno danzando, le api che volavano di fiore in fiore succhiando nettare, il rumore delle cicale. Con il freddo delle 7 del mattino ed i piedi che non potevano toccare il pavimento, con il caldo del primo pomeriggio, quando tutto si fa pigro e rovente ed il sonno vorrebbe avere la meglio. Con il lieve fioco di una candela mentre il giorno spegne la sua luce per ricordarci che possiamo cedere alla giornata, non farle più resistenza, abbandonarci all’oscurità ed al rumore degli animali che escono dalla tana. Abbiamo praticato anche mentre aspettavamo il nostro turno per riempire il piatto, mentre masticavamo boccone dopo boccone davanti al paesaggio, in silenzio, osservando il cibo e degustando tisane realizzate con le erbe del giardino. Abbiamo meditato mentre riconoscevamo la combinazione di rosmarino e arancia, di lavanda e timo, di sambuco. E mentre osservavamo Filippa, con la sua andatura incerta, portarsi verso i cespugli per selezionare i nostri ingredienti. Quando il suono della campana ci risvegliava al cambio di meditazione, quando un rumore estraneo e sconosciuto ci infastidiva, quando le punture di zanzara erano troppe e ci siamo scambiati sguardi complici e repellente. E non era pratica quella di rispettare gli spazi, di tenere aperta la porta per chi veniva dopo, di non finire l’acqua in camera pensando anche alle esigenze di chi è con te? Non era pratica quel sentirsi parte di un tutto in armonia con l’universo, quell’osservazione serale della luna, avvolti dal cielo stellato, protetti dall’oscurità e dal suono della natura, dai ricordi delle estati dell’infanzia trascorse a guardar le stelle? Non era pratica quel sentire la vita che scorre nelle vene senza che tu faccia nulla, facendo semplicemente spazio a ciò che c’è con la gioia nel cuore?
Ovunque tu sia, osserva la luna, ti protegge.
mi ci vorrebbe proprio !!!!
al prossimo corso ti tengo aggiornato