A Barberino Val d’Elsa c’è una Fonderia che tramanda da generazioni la tradizione dell’antica fusione a cera.
Qui è stata realizzata la Porta Santa in Vaticano, aperta da Papa Francesco lo scorso 8 dicembre, con la stessa tecnica che si usava in una bottega rinascimentale.
Tutto comincia con un calco negativo fatto sull’originale in gomma siliconica, che serve poi per ottenere la cera dello stesso oggetto su cui è stato fatto… più facile a farsi che a dirsi…
Quello che colpisce, una volta entrati nei laboratori, è questa irriverente e vivace cera rossa, colore scelto per consentire di vedere le anatomie.
Gli artigiani, tutti diplomati in Accademia, sono minuziosamente al lavoro per ritrovare la forma che aveva originariamente un pezzo ricavato da una forma in gesso.
E’ questa una fase del lavoro piuttosto contemplativa e silenziosa, dove la concentrazione è massima. Pazienza, abilità nello scolpire, conoscenza dell’anatomia sono solo alcune delle caratteristiche fondamentali.
Dopo i ritocchi, una rete tridimensionale di tubi viene attaccata alla cera lavorata: serve a far sì che il bronzo penetri poi in ogni punto.
L’oggetto viene ricoperto da un materiale che regge il calore e viene cotto per 15 giorni in un forno enorme: come nel Rinascimento si utilizza lo stesso materiale refrattario usato dal Giambologna.
A questo punto inizia la fusione vera e propria, il cuore del procedimento: le forme
vengono messe in una buca con la terra schiacciata intorno e il bronzo sciolto viene così versato al loro interno, andando ad occupare lo spazio lasciato dalla cera fusa.
E’ così che nasce una scultura grezza, che verrà poi lavorata a mano, limata, cesellata fino alla patinatura.
Dieci persone lavorano per un’opera, a cui si può lavorare anche per due anni.
Nella gipsoteca, si rimane a bocca aperta davanti alla riproduzione di opere meravigliose, come il David di Michelangelo, le 4 statue che si trovano nelle Cappelle Medicee tratte dai calchi originali del ‘500 o la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze.