Se non fosse per genitori e nonni hippy, oggi Bussana Vecchia non esisterebbe. Arroccata su una collina affacciata sul mare, con le sue botteghe colorate e animali che scorrazzano in giro, Bussana rischiava di scomparire dopo il terremoto del 1887, durante il mercoledì di Pentecoste. I fedeli rimasero sotto le macerie della Chiesa, ancora oggi distrutta, durante la prima messa delle 6.30. Si salvarono solo vecchi e bambini.
Abbandono e distruzione caratterizzano per lungo tempo Bussana, finché, negli anni ’60, non arrivano degli artisti internazionali di una comunità hippy: occupano case demolite, le rimettono su mattone dopo mattone, si fanno adottare e insieme adottano questo piccolo borgo romantico per vivere, da figli dei fiori, in nome dell’arte e con un sistema di regole non convenzionale. Chiamano a raccolta amici di comunità hippy di tutto il mondo, fanno figli, si amano, qualcuno si lascia… Bussana ricomincia a vivere e diventa meta di turismo di giornata. Frutto di un sogno ideale, diventa anch’essa una meta ideale per chi cerca un’evasione anticonvenzionale.
Colin, oggi ultra sessantenne, è uno degli abitanti più vecchi del borgo. E’ arrivato qui negli anni ’60, per raggiungere la mamma, una hippy inglese. Ha lavorato come pittore fino a qualche tempo fa, oggi ce l’ha con le istituzioni che non riconoscono agli eredi dei figli dei fiori la proprietà delle case da loro occupate e ristrutturate.
A Bussana continuano ad arrivare autentici personaggi da tutto il mondo, che occupano case completamente distrutte e le ricostruiscono. Mattone dopo mettono, rimettono insieme anche la loro esistenza. Ricominciano da qui, con progetti alternativi di ogni genere: dalla cucina macrobiotica agli atelier di pittura e scultura.
Davide, ex programmatore di Bergamo, si è trasferito qui da qualche anno. Vive in cima alla collina, vicino alla Chiesa di Sant’Egidio. Si percorre un breve sentiero per arrivare ad una costruzione in legno, dove all’ingresso un cartello recita così: “No politics, religion, sports, urlare, shouting”. Un amico sta realizzando dei disegni sul pavimento, mentre un cane con una corolla di fiori al collo riposa su una poltrona di pelle marrone. Tutt’intorno ci sono pezzi recuperati, come in un robivecchi. Un tempo questo posto era una discarica, ma Davide ed il suo amico lo hanno lentamente trasformato: stanze per dormire alle spalle e tavoli per accogliere persone la sera sul prato. Un pub alla maniera bussanese, fuori dal tempo e per questo magico: non si paga per bere, ma ognuno dà in cambio quello che vuole. Lo stesso principio vale per i viaggiatori che si fermano da loro. “Amici veri – ci tiene a precisare Davide – non come quelli di Facebook”.
Una fuga dai codici della vita borghese, un rifiuto delle convenzioni e dei pregiudizi della società, un prolungamento delle esperienze di comunità hippy fatte in giro per il mondo… sono tante le motivazioni che hanno portato qui gli abitanti di Bussana.
Marieva è una scultrice di origine francese. Un tempo viveva a Parigi e veniva in vacanza d’estate a Bussana con i genitori hippy. Di quella mentalità è rimasto poco e niente, ci racconta dalla sua cucina colorata, ma esiste comunque molta solidarietà tra gli abitanti del Borgo. Marieva ha avuto una figlia, 20 anni fa, da un ragazzo conosciuto qui… l’ha fatta crescere a Bussana. Parla di lei e si commuove, come qualsiasi altra mamma, perché pochi minuti prima del nostro incontro l’ha vista ripartire per la Germania, dove vive e studia: “La terza generazione va via da qui, Bussana gli sta stretta – racconta – non è come per noi che siamo cresciuti nelle città. Loro vogliono conoscere il mondo… per poi magari, chissà, fare ritorno qui un giorno”. Nel paese che non c’è.