Sono descritti come una comunità accogliente, rispettosa, pacifica e dedita al lavoro. Sarà per questo che i Sikh vengono sfruttati nelle campagne dell’Agro Pontino, ci dicono dall’associazione che fa di tutto per tutelarli. Dodici ore di lavoro per pochi euro, meno della metà di quelli che gli spetterebbero. A volte vengono umiliati, costretti a chiamare ‘padrone’ il datore di lavoro. Non conoscono ferie, feste, nelle serre sono esposti a pesticidi tossici senza neppure una mascherina di protezione.

Siamo a pochi passi dalle famose dune mediterranee di Sabaudia. Piegati nei campi ci sono loro: turbante e barba, timidi, riservati, generosi. E’ la seconda comunità Sikh più grande d’Italia, dopo quella emiliana di Novellara: trentamila persone, quasi la metà delle quali senza permesso di soggiorno. intervista SikhLavorano senza sosta. Per non sentire la fatica, ci racconta l’associazione In Migrazione, alcuni arrivano a drogarsi. Per sapere se e dove lavoreranno il giorno successivo, devono aspettare il messaggio serale del caporale: tu si, tu no. Nel giro, spesso ci sono anche caporali indiani, che hanno fatto accordi con quelli italiani.

Sono perlopiù immigrati del Punjab provenienti dalla classe media. Molti di loro sono laureati, hanno raggiunto qualche parente o amico attraverso il passaparola e le illusioni veicolate dalla tv, pensando di migliorare la propria condizione sociale. Spesso, si trovano a vivere molto peggio rispetto al loro paese di provenienza, ma di tornare indietro non se ne parla: troppa vergogna.

Vivono nel residence Bella Farnia, piccole casette bianche allineate e due alimentari con prodotti tipici indiani, oltre a quelli italiani, dove insistono per non farci pagare le bottigliette di acqua in una rovente giornata estiva. Si muovono in bicicletta, avanti e indietro, da casa ai campi, fino al tempio Gurdwara.

Fino a poco tempo fa erano reticenti a denunciare i loro sfruttatori: la paura di perdere il lavoro è tanta e la lentezza dei processi in Italia li ridurrebbe alla fame. Ma pochi giorni fa, finalmente, un primo passo verso la giustizia: il primo processo a carico di un datore di lavoro, che si faceva pagare promettendo permessi di soggiorno. Il clima è teso: giriamo per le campagne e veniamo aggrediti per due volte… la telecamera fa paura… le immagini parlano da sole. In un bar poco distante, sentiamo racconti che potrebberoalimentari sikh risalire al secolo scorso. Eppure, Sarbjit, mediatore culturale che parla l’italiano meglio di chi qui ci è nato e cresciuto, insiste per offrirmi la colazione proprio nel locale che voleva cacciarli fino a poco tempo fa.

Le forme di sfruttamento sono le più disparate: dalla busta paga apparentemente in regola, ma soldi in mano più che dimezzati, all’obbligo di aprirsi una Partita Iva e mettersi in proprio dagli imprenditori, che subappaltano loro il lavoro e il rischio d’impresa. Questo, i più fortunati. Perché naturalmente il lavoro al nero di 12 – 14 ore al giorno va forte.

Eppure, sul loro volto vedo quiete, serenità. Dolore e tristezza sì, ma non rabbia. Dopo la seconda aggressione, il ragazzo Sikh che è con noi appare provato, e si capisce il perché: lui rischia di essere licenziato, denunciando. Cerchiamo di confortarlo, fin quando mi guarda dritto negli occhi e dice: “La mia famiglia mi ha insegnato il coraggio. Io non ho paura”. Abbassa lo sguardo e un velo di tristezza cala come un sipario.

 

 

Scritto da:

Isabella Schiavone

Giornalista professionista, scrittrice, istruttrice Mindfulness. Da luglio 2022 vice caporedattrice presso Rai Sport. Dal 2002 a giugno 2022 al Tg1, prima ad Uno Mattina, poi come inviata a Tv7 - Speciali, infine nella redazione Ambiente - Società - Sport come caposervizio.

Appassionata di inchieste sociali, ambientali e di storie di vita. Impegnata nel terzo settore.

Sono laureata in Sociologia a La Sapienza di Roma, specializzata in Giornalismo alla Luiss Guido Carli. Ho frequentato un corso di perfezionamento per inviati in aree di crisi della Fondazione Cutuli, che mi ha portato in Libano e in Kosovo embedded.

Ho iniziato a lavorare presto nelle radio e nelle tv locali, ho scritto per l'Ansaweb, per Redattore Sociale e per il Gruppo L'Espresso, mossa anche dalla passione per la multimedialità e l'online. Ho avuto il primo contratto in Rai al Giornale Radio, ho lavorato nella redazione Esteri del Tg2 e a Rai Educational, quando ero ancora universitaria.

Ho condotto la rubrica Tendenze del Tg1. 

Ho vinto il Premio Luchetta Hrovatin nel 2006, con un'inchiesta sulla droga a Scampia andata in onda a Tv7 - Speciali Tg1. Ho ricevuto nel 2016 il Premio Pentapolis - Giornalisti per la Sostenibilità, in collaborazione con Ispra, Ministero dell'Ambiente, Lumsa e FNSI. A maggio 2017 un mio servizio andato in onda al Tg1, sul riconoscimento delle unioni civili, è stato premiato da Diversity Media Awards, grazie al lavoro dell'Osservatorio di Pavia, come miglior servizio andato in onda sulla diversità. A settembre 2018 ho ricevuto il Premio Responsabilità Sociale Amato Lamberti nella categoria giornalismo. A maggio 2019 un mio servizio sull’autismo è stato candidato ai Diversity Media Awards. Da maggio 2022 sono Ambasciatrice Telefono Rosa per il mio impegno in difesa dei diritti delle donne e a sostegno dei minori. 

Amo e frequento l’Africa, dove ho realizzato due documentari autoprodotti, di cui uno girato con lo smartphone (quando ancora non aveva neanche lo zoom), andati in onda su Rai Uno.

A giugno 2017 è uscito il mio romanzo d'esordio, proposto al Premio Strega 2018, Lunavulcano (Lastaria Edizioni), i cui diritti d'autore sono devoluti in beneficenza in Africa. A settembre 2017 Lunavulcano ha vinto il Premio "Un libro per il cinema", dedicato alla memoria di Paolo Villaggio, organizzato dall'Isola del Cinema di Roma.

A settembre 2020 è uscito Fiori di Mango (Lastaria Edizioni), proposto al Premio Strega 2021.

Ho insegnato "Teoria e tecnica del giornalismo televisivo" all'Università di Tor Vergata e ho ricoperto il ruolo di docente, per i giornalisti, nel processo di digitalizzazione del Tg1.

Sono Istruttrice Mindfulness (o pratica dell'attenzione consapevole) e protocollo Mbsr (Mindfulness Based Stress Reduction) con diploma rilasciato da Sapienza Università di Roma e dal Center for Mindfulness della University of California of San Diego, nell'ambito del Master universitario di II livello "Mindfulness: pratica, clinica e neuroscienze" (110 e lode). Pratico meditazione Vipassana dal 2013 con Neva Papachristou e Corrado Pensa presso l'Ameco di Roma, con esperienze di intensivi e ritiri residenziali. Dal 2019 pratico anche il Tai Chi Chuan stile Yang.  Conduco gruppi di meditazione in presenza e online.