Il Mar Mediterraneo e’ secondo solo ai Tropici per l’importanza delle sue risorse naturali: custodisce il 25% di specie endemiche, animali e piante che vivono solo qui. Uno scrigno di biodiversita’ minacciato da incidenti e inquinamento: il traffico merci, il trasporto di petrolio e lo sversamento in mare di idrocarburi lo mettono in grave pericolo.
Il 10% del greggio trasportato in tutto il mondo viene scaricato nei porti petroliferi italiani. Gli incidenti, in cui il greggio e’ stato versato in mare, sono 27 solo negli ultimi 25 anni (l’Italia non si e’ fatta mancare il record, in questo campo).
Tra i piu’ recenti, oltre a quello della nave da crociera Costa Concordia all’Isola del Giglio, quello della nave cisterna, che si era incagliata sugli scogli di Siracusa e quello della nave commerciale Grimaldi, che ha perso in mare 198 bidoni di sostanze pericolose.
Ad incidere sull’inquinamento, oltre alla rete di merci e idrocarburi, ci sono anche le infrastrutture: 750 porti turistici e 286 commerciali, 13 impianti di produzione di gas e 180 centrali termoelettriche, piu’ un numero enorme tra traghetti (2000), cargo (1500), navi cisterna (300), imbarcazioni commerciali… per un totale di 200.000 transiti ogni anno.
Dalle Baleari al Mare di Alboran (Spagna, Marocco, Algeria), dal Mar Egeo, Bosforo e Stretto dei Dardanelli alle Coste di Algeria e Tunisia, dalle Bocche di Bonifacio al Tirreno meridionale e Stretto di Messina, i tesori naturalistici del Mediterraneo sono un patrimonio da preservare.
Eppure, in Italia, il traffico marittimo non ha limiti nemmeno in posti come la Laguna di Venezia. Un patrimonio Unesco attraversato da oltre 1200 navi da petrolio l’anno. Sono 30mila al giorno i passaggi di barche, di cui il 97% provoca il moto ondoso, perche’ a motore. Solo nel 2010 la Laguna e’ stata raggiunta da 629 navi da crociera.
Un quadro, insomma, che desta allarme e per cui grandi associazioni ambientaliste, si stanno mobilitando, sensibilizzando Governo e Autorita’ competenti.
Dovrebbero esserci, secondo il WWF, delle zone vietate alla navigazione, come prevede la normativa nazionale e internazionale (una di queste, potrebbe essere il Santuario dei Cetacei) e altre dove la navigazione sia piu’ controllata (come per lo Stretto di Bonifacio).
Inoltre, la Legge (L979/82, art. 20) prevede la responsabilita’ estesa al comandante nonche’ al proprietario o all’armatore, in caso di sversamenti di idrocarburi o altre sostanze nocive in mare. E, ad oggi, disastro ambientale e inquinamento ambientale non rientrano nel Codice Penale.
Ma un bel titolo ‘delitto contro l’Ambiente ‘ in futuro? Visto che ammazzarlo, e’ come ammazzare tutti noi.