L’estate cambia il nostro modo di mangiare e di bere, orientando la scelta verso vini con determinate, irrinunciabili caratteristiche. Senza in alcun modo rinunciare al gusto, ricerchiamo nel vino e nel cibo leggerezza, freschezza, sapori ‘stagionali’.
Quasi bandite dalle nostre tavole le preparazioni troppo elaborate, molte cotte, complesse; prediligiamo invece alimenti semplici, conditi a crudo, sapori autentici non alterati dalla cottura.
E’ la stagione dei Bianchi, nel vino: la tipologia più adatta per le profumate sere estive. Li vogliamo freschi, leggeri, di pronta beva. Al contempo la complessità, nei vini bianchi degni di nota, non è abdicata: solo spostata su altri fattori, per non rinunciare a sapori, profumi, incanti e profondità di olfatto e gusto. Semplicemente, la scelta del vino va di pari passo con i piatti estivi, perché si completino a vicenda.
E’ in quest’ottica quindi, che i vini più facili da bere in estate siano i Bianchi, intesi come categoria generale (eccezion fatta per alcuni rossi, giovani e fruttati, anche suggeriti in accordo con l’abbinamento regionale) . In linea di massima comunque, è una stagione questa, nella quale si deve approfittare della possibilità di riscoprire tutto il patrimonio bianchistico nazionale, immenso. E di scalzare il luogo comune per cui dire vino bianco equivale a scarsa qualità, rispetto al più ‘autorevole’ vino rosso. Al pari di quest’ultimo infatti, il bianco ha le sue specifiche caratteristiche, mille sfaccettature e quindi infinite declinazioni con i più variegati piatti estivi. Come sempre, è un gioco incredibile di incastri, di fusioni tra colori, profumi, gusto.
Oltre ai vitigni aromatici perfetti con il pesce – Muller Thurgau, Gewurztraminer, Riesling – dalla semplice insalata di mare alle preparazioni più elaborate, non si devono trascurare le varietà regionali, che consentono degli abbinamenti perfetti. Optando ad esempio per una tradizionale caprese di bufala, fino all’impepata di cozze, classico piatto della cucina partenopea, sarebbe ottimo accompagnarli con una buona bottiglia di Fiano o di Falanghina: entrambe varietà a bacca bianca campane, la prima diffusa nella zona di Avellino, la seconda nella zona di Falerno, del Beneventano e dei Campi Flegrei. Sono vini di pregevole fattura, profumi netti, gusto allietato da aromi perfettamente sviluppati.
Con il tipico pasto da litorale pontino, mozzarelle di bufala accompagnate da insalate di pomodori e sedano bianco di Sperlonga, olive di Itri e tiella di Gaeta (torta rustica locale ripiena di polpi al pomodoro, oltre alle varie altre farcie), si apprezza molto un Moscato di Terracina, vino delicato e secco con garbo, sapido, di bella persistenza e non eccessiva lunghezza. Se la scelta vuol ricadere su vini dalla struttura più compiuta, bene a fuoco, allora sarà più opportuno uno Chardonnay. Sono vini ottimi, versatili nell’abbinamento, estremamente piacevoli per i profumi puliti al naso netti e gli aromi precisi in perfetto equilibrio nelle sue migliori espressioni. Il frutto bianco è la nota conduttrice e nelle sue interpretazioni più dolci prende corpo il sentore di lieviti e crosta di pane.
Con lo Chardonnay si esaltano benissimo anche caponatine di verdure (cipolle, melanzane, zucchine, peperoni a dadini) profumate con la mentuccia. In alternativa, per bilanciare la tendenza dolce del piatto, cercheremo un vino dalla notevole spalla acida: bene allora un Verdicchio dei Castelli di Jesi, pregevole bianco marchigiano. Profumi varietali e caratteristici, fresco e sapido, è un ottimo vino dall’acidità vivida e dissetante, profondo nella sua mineralità spiccata. In parallelo alla bocca affilata, sono vini dove al naso la componente floreale e fruttata è lieve perché dominano le note citrine e di lime, la foglia di pomodoro, le erbe aromatiche.
I Sauvignon del Collio invece, bianchi di notevole corpo dove domina equilibrio e spessore gusto – olfattivo, vanno scelti con portate importanti di pesce, tortini di alici, involtini di pesce spada, spaghetti ai ricci di mare, tartare di tonno. Ottimi su gamberoni rossi al sale serviti su passatina di ceci e su sashimi e sushi, per gli amanti del pesce crudo. Intriganti i Sauvignon, dai profumi lievi di gelsomino e uva spina, o vegetali delicati di erba appena tagliata, o nelle versioni più fruttate dove ci si perde tra esplosioni di pesca bianca, litchi, frutti tropicali, agrumi canditi. In alcuni la scia vegetale è più massiccia e la dolcezza concessa è solo quella a giochi alternati di albicocca e susina goccia d’oro, in gelatina.
Tutti da scoprire poi i bianchi siciliani, in purezza o in blend interessanti come quelli di Grillo e Catarratto, vitigni autoctoni della regione. Freschi, sapidi, beverini, sono vivi dalla piacevolezza immediata, come i capolavori della cucina siciliana. Perfetti per accompagnare cous cous vegetali, caponate di melanzane, pasta alla Norma, insalate di arance e finocchi, pesce e crostacei in tutte le possibili versioni. Da provare con pesce spada appena scottato condito con capperi e olive.
Ci sono poi le piccole realtà da non trascurare: penso ad un vino raffinato ed elegante come il Pigato ligure, vitigno altezzoso, aristocratico. Enigmatico come i luoghi da cui proviene, quella Riviera di Ponente che è una lingua di terra contesa tra mare e montagna. Il Pigato è un vino dai sentori minerali accentuati, profondi e cristallini, al naso e in bocca; i profumi ampi sono dominati da pregevoli nuance di finocchietto selvatico, salvia, erba cedrina. Le note dolci virano quasi sempre sull’acidulo, marmellata di limoni o mandarini, nespole. Il tutto bilanciato da una sapidità da manuale e un’ammiccante freschezza. Di questo vino, il Maestro Luigi Veronelli ebbe a dire: “In Italia, nel mondo quindi, pochi vini eguagliano il Pigato per carattere e razza”.
E’ un abbinamento super con le trenette al pesto ligure, con un semplice nasello ai pomodori ciliegino, scampi allo zenzero o in guazzetto. Non sfigura su grigliate e fritture di paranza e nobilita qualsiasi buon pesce cucinato al cartoccio.
Io ho azzardato su pollo ai peperoni, niente male!