Reggio Calabria. Da Pellaro a Saline Joniche, la costa e’ interamente soggetta ad erosione. Sulla spiaggia di Bocale, l’acqua arriva fino alle case, le inonda, isola le persone, fino a che non arrivano i vigili del fuoco a tirarle fuori.
A difesa di costa e abitazioni hanno costruito delle scogliere, opere di contenimento, ma non sono eterne: si spostano, si muovono e possono anche rompersi.
La potenza del mare e’ elevata, certo, ma come sempre e’ l’intervento scriteriato dell’uomo a peggiorare la situazione.
La costruzione del porto di Saline Joniche (sorto per lo stabilimento ex Liquichimica, mai nato) ha modificato l’assetto delle correnti. A cingere il porto, e quasi a chiuderlo in una sorta di perimetro, c’e’ un cumulo di sabbia, che proviene dalle coste. Hanno anche tentato di prelevare questa sabbia e di riportarla sulle spiagge, ma torna sempre li’. Alla corrente non si comanda.
Sulla spiaggia di Pellaro, mare cristallino, e’ impossibile levarsi le scarpe. Si rischierebbe di camminare su pezzi di mattoni e di farsi male.
“Quello che succede sulla costa – ci spiega Beatrice Barrilaro, geologa del WWF – e’ lo specchio di quanto accade nell’entroterra. Il materiale che costituisce battigia e spiaggia proviene dall’entroterra e viene trasportato giu’ dalle fiumare. Se viene a mancare l’apporto di questi inerti (sabbia, ghiaia), non si costituisce la nuova spiaggia e al loro posto abbiamo i cocci scaricati in fiumara per disfarsene”.
Insomma, quello che e’ nell’entroterra arriva tutto al mare attraverso le fiumare. Se poi anche la foce del corso d’acqua viene protetta, non arriva piu’ giu’ il materiale solido, che serve per il ripascimento del litorale.
Inoltre, come se non bastasse, il materiale che viene prelevato per il cemento e per costituire la sciogliera provoca dissesto.
Un quadro desolante, peggiorato dalla cementificazione delle fiumare e dagli impianti di inerti, che prelevano (in molti casi senza autorizzazione) materiale dall’alveo. Il prelievo eccessivo crea squilibri nella struttura della fiumara.
A Capo d’Armi, fino al 2006, c’erano ancora 10 metri di spiaggia. Oggi, piu’ nulla. Al posto della struttura in cemento armato, che protegge la ferrovia, ce n’erano circa 140 di metri di spiaggia, negli anni ’80.
Un danno per l’ambiente, un danno per l’uomo e un danno per la natura: le caretta caretta, tartarughe che venivano a nidificare sotto al promontorio, non riescono piu’ ad uscire dall’acqua, perche’ trovano solo la scogliera. La spiaggia non c’e’ piu’ e rischiano di non esserci piu’ neppure loro.
Su quasi ottomila chilometri di coste, solo il 30% e’ rimasto allo stato naturale. Il 50% dei litorali e’ compromesso, il 42% e’ colpito da erosione costiera, l’80% delle dune e’ scomparso. Abita sulle coste il 60% degli italiani, con una densità media quasi doppia rispetto all’entroterra
(Dati WWF)